Show no mercy

Slayer copertina Show no mercy fronte
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Maestri del genere, gli Slayer hanno rappresentato la musica estrema fino al debutto del death metal, dovuto tra l’altro alla metabolizzazione e sussunzione da parte dello stesso genere, del loro terzo album “Reign in blood” (1986). Se dunque, da lì in poi, i nostri sembrano aver ceduto il passo ad altri musicisti nell’elaborazione di canoni musicali ancora più violenti – loro mantenendosi fedeli ad uno stile personale e strariconoscibile – ad essi va in ogni caso riconosciuto il merito di aver “tenuto a battesimo” proprio il successivo death metal, anche se la metafora sacramentale può apparirci azzardata. Ci troviamo di fronte al primo album del quartetto, sporco prodotto ispirato agli stili dei britannici Venom e Judas Priest. Dai primi, i nostri derivarono anche l’estetica borchiata e satanica, per un disco nei cui testi si invita l’ascoltatore ad unirsi al loro esercito maligno ed a scatenare battaglie per il trionfo definitivo del Male: lato A e lato B, vista l’occasione, vengono ribattezzati “lato 6” e “lato 66” (geni), il loro logo è un pentacolo fatto di spade, mentre le croci rovesciate rappresentano l’elemento iconico per eccellenza nella scenografia delle loro performance live. Il debito nei confronti dei Priest, invece, è anche riconoscibile dall’abitudine dei due chitarristi, Henneman e King, di alternarsi negli assoli e dal segnalarne l’esecuzione nei testi dei dischi successivi, proprio come era costume per le due asce della band inglese. Tracce come “The Antichrist”, l’omonima “Show no mercy”, “Fight till death” vengono quasi sempre suonate dal vivo. Nell’edizione di Discosauro, il vinile presenta una bonus track incisa nel primo lato, dal titolo “Aggressive perfector”, ma una label in copertina la preannuncia come “Agressive protector”, con quindi ben due errori, uno di forma ed uno di sostanza. Quando il diavolo ci mette le corna…

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